Relazioni sovversive

Marco Armiero

25 marzo 2024


Il Parco delle Energie con il Laghetto Bullicante © Albarubescenes, 2021.



I Na'vi, la popolazione indigena del pianeta Pandora, sono la prima cosa che mi è venuta in mente quando ho iniziato a riflettere sulla simbiosi. Nel film di fantascienza Avatar, i Na’vi sono letteralmente connessi all’intero pianeta che vive, lotta e muore con loro. Per me Avatar è una metafora perfetta della simbiosi: da una parte gli umani, in una relazione simbiontica con i loro avatar tecnologici, ma soprattutto con la loro dipendenza profonda dall’estrattivismo, e dall’altra i Na’vi, connessi con il loro pianeta come se fossero un unico corpo vivente. Non serve qui elencare i limiti di quella narrazione hollywoodiana, che ovviamente non può fare a meno del white male hero per risolversi. Ma forse si può parlare di simbiosi – seppure una simbiosi parassitaria – per un altro classico della fantascienza recente: penso qui alla smisurata piantagione di umani utilizzati dalle macchine per alimentarsi nella distopia postmoderna di Matrix


Forse non è un caso che sia finito in una sorta di universo parallelo; in fondo anche Donna Haraway ricorre alla narrazione fantascientifica per provare a spiegare la sua idea di simbiosi radicale, con la storia di un ibrido di farfalle monarca e umani1. Ovviamente la simbiosi non è affatto solo una possibilità per narrazioni fantascientifiche; l’intero ecosistema terrestre racconta storie di simbiosi spesso fondate sul mutualismo, a volte sul parassitismo. Ricerche recenti, ad esempio, hanno messo in luce come le foreste funzionino come un organismo complesso e connesso. Volendo ci si potrebbe spingere al di là dell’organico; qualcuno ha studiato il ritorno della vita dentro le rovine, ad esempio intorno alle piattaforme petrolifere abbandonate. La questione, dunque, non è tanto se la simbiosi esista ma che ce ne facciamo, come la usiamo in un discorso e in una pratica di liberazione e sovversione del presente. Dalle foreste immaginarie di Pandora, dove la simbiosi è evidente come solo Hollywood può fare, vorrei passare a foreste terrestri con le loro storie meno perfette, dove forse la simbiosi è poco visibile e finisce per assomigliare alle alleanze dei movimenti sociali. 


Già, alleanze sovversive, rivoluzionarie, di solidarietà e mutualismo: da decenni sembra quasi che non si possano più usare certi vocaboli, suonano poco moderni, scarti del secolo scorso. Nel suo lavoro sulle forze della riproduzione Stefania Barca ha spesso ricordato l’Alleanza dei Popoli della Foresta, ovvero quella coalizione di soggetti sociali che a partire dall’insegnamento di Chico Mendes ha provato a praticare una relazione diversa con l’Amazzonia2. Una alleanza tra soggetti umani, ovviamente, che tuttavia ha ragione di essere solo dentro una idea di comunità più vasta e inclusiva, dove umani e foresta si ritrovano in una relazione non estrattiva. Oppure potremmo citare nature più vicine a noi, come ad esempio il lago bullicante della Ex Snia Viscosa a Roma3. Non è Hollywood, ma il video musicale degli Assalti Frontali Il lago che combatte ci restituisce con grandissima efficacia l’alleanza multispecie che si è coalizzata a partire dalla emersione delle acque nel mezzo di una vecchia fabbrica abbandonata. Quella della ex Snia Viscosa è una delle tante storie di ecologismo popolare, dove comunità subalterne fanno alleanza per difendere la loro salute, il loro ambiente e fare comunità contro l’essere trasformate in discariche socio-ecologiche – con tanto di centro commerciale. Ma la storia del lago che combatte aggiunge un tassello alla logica delle alleanze; come si legge nella canzone degli Assalti Frontali: “L'underground ci dà buoni amici / La natura si ribella e a noi ci fa felici / C'è il cormorano con noi, il martin pescatore / Sta dietro la stazione Termini e Porta Maggiore / Piano piano è nato un nuovo ecosistema / C'è un bambino che nell'acqua va in canoa e che rema”. Anche in questo caso siamo dentro una alleanza multispecie che riconosce la natura – per altro una natura così poco naturale come quella di un’area deindustrializzata – come una alleata nella lotta contro il sistema necro-capitalistico di ciò che ho definito il Wasteocene4. Le attiviste e gli attivisti che in Argentina si ribellano al regime della soia geneticamente modificata e alle sue ramificazioni in termini di erbicidi e dipendenza dalle grandi corporations del agrobusiness hanno sviluppato una alleanza con l’amaranto che riesce a resistere alla monocultura5. Il fatto che l’amaranto sia radicato dentro le culture indigene trasforma questa alleanza multispecie contro il capitalismo agrario multinazionale in una narrazione e pratica decoloniale.


Non so se l’Alleanza dei Popoli della Foresta, il lago della Ex Snia, o l’amarato in Argentina si qualifichino come simbiosi. Io sono abituato a chiamarle alleanze, perché nella lotta per liberarci dal capitalismo estrattivo, razzista e patriarcale abbiamo bisogno di alleatə; l’alleatə non è uguale a te stessə, non è la tua fotocopia. L’alleatə è chi sta dalla stessa parte delle barricata, non chi è natə dove sei natə tu. L’alleanza non è mai naturale, è sempre politica, anche quando è con un lago, una foresta o una pianta resistente agli eribicidi. Le comunità che si generano dalle lotte, dalla costruzione di commons contro l’espropriazione e l’annientamento sono forse simbiontiche nella misura in cui sanno che hanno bisogno per sopravvivere di quella relazione. Quello che vorrei imparare, che sto imparando, rispetto alla tradizione politica da cui vengo, è che l’alleanza deve includere l’umano e il non umano, deve essere politica, di una politica però fatta di corpi, diossina, acque, suolo, barricate, puzze, lutti, storie e immaginazioni e di molto altro ancora. Insomma la questione non è rinunciare al politico, depoliticizzare le relazioni, ma ripensare il politico dentro relazioni socio-ecologiche ed emozionali più vaste.


Non sarà Hollywood, non si vedrà chiara sullo schermo, ma comunque la vogliate chiamare, io credo che riconoscerete facilmente questa nuova alleanza multispecie se frequenterete le barricate contro l’estrattivismo, gli interstizi del capitale dove fioriscono mille battaglie per trasformare in comunità le discariche del Wasteocene.



Note:

1 Haraway D., Staying with the Trouble: Making Kin in the Chthulucene.

2 Barca S., Forces of reproduction. Notes for a Counter-Hegemonic Anthropocene.

3 Ho scritto di questa storia nel mio L’era degli scarti. Cronache dal Wasteocene, la discarica globale.

4 Ho definito il Wasteocene come l’era delle relazioni socio-ecologiche che producono comunità umane e non umane di scarto.

5 Beilin K. O., Suryanarayanan S., The War between Amaranth and Soy: Interspecies Resistance to Transgenic Soy Agriculture in Argentina.



*Marco Armiero è uno storico dell’ambiente. Attualmente è Dirigente di ricerca part-time del CNR-ISMed per assumere la direzione dell’Environmental Humanities Laboratory del Royal Institute of Technology di Stoccolma. Si è occupato di risorse forestali nell'Ottocento e Novecento, di commons e privatizzazioni, di comunità di pesca e saperi tradizionali, di movimenti sociali, di giustizia ambientale e rifiuti, di migrazioni e cambiamenti ecologici, mostrando una irresistibile attrazione per le cause perse.


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