Il clima come iper-oggetto

Mauro Ivo Van Aken

13 aprile 2022


Lo skyline di San Francisco durante i devastanti incendi del 2020 © Patrick Perkins, 2020.



«Non è facile rendersi conto che negli ultimi 30 anni ha fatto più caldo che negli ultimi 1400 anni».

—Ulrich Beck, La metamorfosi del mondo


Viviamo i CC [Cambiamenti Climatici] come un oggetto difficilmente comprensibile: siamo avviluppati a una realtà profondamente ansiogena di disorientamento e non riusciamo a darne i contorni proprio perché il clima ci appare troppo distante o troppo planetario, pur essendoci completamente immersi. Morton definisce i CC come iper-oggetti, come «oggetti che sono distribuiti estesamente nel tempo e nello spazio in relazione agli umani»1. Rispetto ad altri oggetti scientifici, il clima è viscoso, e infatti ne siamo avvolti e partecipi, in una presa di distanza impossibile rispetto ad altri oggetti di studio; compone una realtà non-locale, diffusa, planetaria, non riassumibile nelle sue manifestazioni locali; e comporta scale di tempo diverse dalle dimensioni di tempo umane a cui siamo abituati (il quotidiano, le stagioni, le generazioni). Inoltre ci mette in relazione con altri soggetti, finora non coinvolti nello scrivere la nostra Storia e il nostro presente. In breve, abbiamo di fronte un oggetto-soggetto di cambiamento di cui non sappiamo parlare, che non sappiamo comunicare, ma di cui percepiamo, seppur confusamente, l’impatto. L’iper-oggetto è dunque caratterizzato da fragilità e incertezza, proprio perché segna la fine del modo di concepire le nostre relazioni con un mondo pensato come distante e a disposizione. Questo suo carattere di iper-oggetto rende particolarmente arduo farlo diventare una dimensione pubblica: la conoscenza degli oggetti e delle materie, resi così discreti e delimitabili, che componevano il nostro mondo è sotto scacco di fronte a questa nuova iper-relazione.


Inoltre, i CC condensano molteplici dinamiche della globalizzazione che leggiamo in genere in modo distinto e compartimentato: l’urbanizzazione di più della metà della popolazione mondiale; le rivoluzioni intensive dell’agricoltura; il loro utilizzo idrovoro; la delocalizzazione della produzione agricola; l’allevamento industriale dietro il nostro cibo, che ha portato a un notevole calo della fertilità dei suoli; l’allarmante perdita di biodiversità negli ecosistemi; l’acidificazione e l’innalzamento dei mari; i rischi di scomparsa degli insetti; la sete di minerali rari; e i grandi processi migratori connessi alla perdita dell’autonomia e delle proprie risorse, la cui principale conseguenza è la fuga dalle campagne verso le città. È una molteplicità di fattori, di cui siamo partecipi, che però abbiamo difficoltà a mettere in connessione. Sono processi che sfidano oggi la comprensione scientifica proprio perché richiedono modelli che mettano in relazione ciò che altrimenti è studiato in settori sconnessi. I cambiamenti sono in realtà già molto percepibili per chiunque abbia relazioni dirette con l’ambiente: se solo si ha esperienza di una relazione ambientale come la tradizione italiana degli orti, si è già scoperto che non è più l’esposizione al sole a essere ricercata, ma sempre più l’ombra per evitare il disseccamento o i colpi solari alla verdura; che gli insetti hanno nuove stagioni e forme di riproduzione o appartengono a nuove varietà esogene non conosciute; che la ricerca di fertilità è più importante che mai e da qui il diffondersi di antiche e reinventate pratiche ecologiche in agricoltura; o che nuove varietà di colture ormai reggono meglio lo stress idrico o gli sbalzi di temperatura. Un tutto ecologico sta cambiando, in relazione al tempo che cambia.



Note:


1 Morton T., Hyperobjects. Philosophy and ecology after the end of the world.



*Mauro Ivo Van Aken è professore associato presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca, dove insegna Antropologia Economica e Sviluppo. Il testo, apparso sul primo numero di Alea "Materia", è tratto da Van Aken M., Campati per aria. Ringraziamo l’autore e la casa editrice Eleuthera per la gentile concessione.


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