Tra gli strati

Miriam Eleonora Barosco & Marika Jasmine Grasso / Variazioni

16 novembre 2021

Riflessioni sulla produzione del lavoro “Beyond the Touch-screen” dell'artista Marika Jasmine Grasso (Marzo, 2021).



Beyond the Touch-screen (2021), Touchscreen un-layered con filo di cotone, fotografia di Marika Jasmine Grasso.




Beyond the Touch-screen (2021), Touchscreen decostruito, fotografia con iPhone di Marika Jasmine Grasso.




Beyond the Touch-screen (2021), Foglia dorata su schermo con polvere d'oro, fotografia di Noémie Soula.




Beyond the Touch-screen (2021), Touchscreen decomposto, fotografia di Noémie Soula.



Il lavoro “Beyond the Touch-screen” (2021) si occupa di rivelare il fascicolo di strati che costituisce il touchscreen. L’oggetto è decostruito, quando oramai è in disuso, scoprendone la corporeità nascosta che rimane normalmente sconosciuta ai suoi utilizzatori.


Miriam Eleonora Barosco: Mi ritrovo a leggere gli appunti che Marika ha steso durante la sua residenza artistica online Transient. Entro nell'intimo della sua ricerca. Attraverso le sue parole, scopro il processo da cui traggono origine le sue ricerche e le manipolazioni compiute sui touchscreen. Finora ne conoscevo solo il risultato. Nell’isolamento del lockdown, Marika ha trovato lo spazio e il tempo di scomporre il touchscreen. Il formato raccolto e le dimensioni ridotte dello smartphone si sono prestate perfettamente all’impossibilità di accedere al laboratorio dell'università, luogo vitale per la sua ricerca di dottorato.


Marika Jasmine Grasso: Marzo 2021, Sheffield. Dopo un anno di lockdown tra restrizioni più o meno rigide, ho l’opportunità di prendere parte ad una residency online. Si tratta di una settimana di solitudine creativa e comunicazione tramite la fisicità dello smartphone, e raccontata attraverso l’uso del mio account personale e di quello della curatrice su Instagram. 


Miriam: Le chiedo come le siano sembrati gli strati metallici, di vetro e i film isolanti e adesivi che formavano il touchscreen. Voglio capire quali siano i dolori e i sudori a cui si riferisce. Leggendo le sue note, inizio a farmi un’idea del suo approccio creativo alla materia. Marika ha sfogato la sua sensazione di impotenza, solitudine e rabbia di fronte alla pandemia quando si è messa a disfare il sistema touchscreen. Ne ha ricavato una lesione al polso che l’ha accompagnata per mesi.



Beyond the Touch-screen (2021), Touchscreen decostruito con spilla in metallo, fotografia di Marika Jasmine Grasso.



Marika: Sono alla ricerca di qualcosa di soffice e fibroso dietro il touchscreen: dopo aver proiettato in tutti questi mesi emozioni, apatia e noia, mi aspetto che tutti questi scarti tecnologici abbiano catturato impronte, dolori e sentimenti di sconosciuti. Ma non c’è nessuna porosità, anzi è tutto liscio e asettico. A volte trovo le impronte di chi ha prodotto il telefono. Gli strati sono freddi, rigidi, strutturati e riflettenti, oppure opachi e trasparenti con una granulosità cartacea.


Miriam: Comprendo ad esempio che il considerare sterile la materia del touchscreen, non può che essere la chiara espressione di una percezione dominata dal tatto. Marika ha percepito e manipolato i touchscreen come semplice materia spogliata di qualsivoglia funzione. Le sue aspettative si sono scontrate con la realtà di strati di materiali che non testimoniano il vissuto del device. Quel vissuto attraverso il quale l’utilizzatore l’aveva reso proprio. Così scomposto, il fascicolo del touchscreen ha invitato Marika alla riappropriazione, all’umanizzazione.


Marika: In mezzo agli strati ho trovato due solitudini: una artistica, e l’altra esistenziale e sociale, accompagnate dalla frustrazione causata da una materia che non corrispondeva al mio bisogno di scoperta. Ero di nuovo circondata da materiali tecnologici, riscaldati unicamente dall’utilizzo eccessivo che facevo di essi. Eppure, dietro al touchscreen ho trovato un piccolo fascicolo di strati più flessibili e malleabili, intonsi, puliti, vergini, come se non fossero mai stati parte dell’iPhone e non fossero mai stati usati. Questi strati nascosti e sensibili al tatto umano hanno esposto le mie mani a una storia tattile variegata, ma pur sempre fredda, e inaspettata. 


Miriam: Chiusa a casa, aveva pensato all’idea di aprire la propria sperimentazione artistica agli altri. A novembre 2020 aveva presentato domanda per la residenza, ma solo a marzo 2021 le era stata offerta l'opportunità di potersi concentrare sul proprio lavoro e poterlo esporre su una piattaforma digitale. In questa bolla, Marika ha finalmente avuto modo di integrare la teoria con la ricerca materica applicata: un aspetto fondamentale del suo studio, che sinora era venuto a mancare.


Marika: Finalmente esaurito il suo uso digitale, posso modificare a mio piacimento gli strati del touchscreen e esplorarne la composizione, normalmente celata dalla loro bellezza estetica. Alterare la materia del touchscreen si trasforma in una pratica artistica, in cui non posso estrapolare e dividere la mia esperienza emotiva-percettiva dalla fisicità del touchscreen. Posso però scoprire nuove sfaccettature di un oggetto che fino a quel momento non avevo mai veramente conosciuto. Il touchscreen con il suo strato semiriflettente di vetro e gli angoli lisci neri è legato inesorabilmente alla sua funzionalità di device tecnologico per la comunicazione, la documentazione fotografica e la condivisione, funzioni cui ho fatto costantemente ricorso durante il lockdown dato l’isolamento fisico e sociale. 


Miriam: La residenza le chiedeva di presentare la sua ricerca artistica su Instagram. Marika ha presto intuito i limiti del canale quando si è cimentata nel presentare la qualità visiva del touchscreen da lei sviscerato, una qualità pressoché sconosciuta. Condividere foto e immagini non era sufficiente, di fronte a un elaborato in cui il tatto era l’elemento principe. In questa maniera, i touchscreen di cui Marika si era appropriata rimanevano isolati nella loro dimensione digitale e non erano accessibili a nessuno sotto forma di esperienza tattile.


Marika: Gli strati del touchscreen appaiono “sleek”, lisci, anche se qui e là si ritrova qualche rara traccia di olio o sudore che, in un certo senso, produce una resistenza alla scorrevolezza delle dita sul vetro – pur non negando alla mano la sua libertà e i suoi bisogni di espressioni. Ho conosciuto veramente il mio iPhone quando ho iniziato a rompere, deformare, decostruire gli angoli e gli strati degli altri touchscreen “morti”, privati di qualsivoglia funzione. Un anno dopo il primo lockdown, ho iniziato il processo di decostruzione metodica di un tipo di oggetto che è stato per mesi l’unico veicolo di comunicazione con la mia famiglia e i miei affetti.



Beyond the Touch-screen (2021), Touchscreen con frammenti coperti con plastica, fotografia di Marika Jasmine Grasso.



Miriam: Ogni giorno, un diverso estratto del libro “Meeting the Universe Halfway” (2007) di Karen Barad ha accompagnato il lavoro artistico di Marika. La lettura del libro la mattina, l’ha portata a riflettere sulle idee e le tecniche da impiegare il pomeriggio. Mediante la sperimentazione dello stitching, del melting, del gilding e del silicone casting1, ha potuto interagire con gli strati di materiali che costituiscono il touchscreen, per plasmarne l’aspetto e sospenderne la funzione tecnologica originaria, rendendoli più simili a coperte, cuscini, e decorazioni di interni.


Marika: L’iPhone nella mia vita ha una funzione organizzativa, comunicativa e sociale. Tuttavia, una volta sospese tali funzioni, il corpo del device smembrato diviene il tramite per ripensare la sua presenza fisica negli spazi intimi e privati della camera da letto o del bagno. La sua fisicità si veste di altri strati di significato: il materiale diventa interessante e sconosciuto, ed è come vedere il telefono sotto una nuova luce. Inizialmente ero riluttante all’idea di documentare e fotografare il processo con un altro iPhone. Eppure, i due oggetti – appartenendo allo stesso mondo – si parlavano, spingendomi a seguirne la relazione e ad aggiungere altre dissonanze, strati, materiali. La foglia d’oro e le polveri metalliche erano un modo per evidenziare le parti metalliche di cui ignoravo l’origine, di materialità diversa dai fili di cotone, dai colori acrilici e dalle spille da balia.


Miriam: Marika ha osservato la componente eterogenea delle crepe che attraversano le superfici del touchscreen. Dopo aver esplorato in profondità la materialità dell’oggetto, ha deciso di attraversare il vetrino e gli altri fascicoli di strati del touchscreen con alcuni fili di cotone, per “contaminare” e decostruire l’apparente unità e compattezza del device.


Marika: I touchscreen rotti, appartenuti ad altre persone, erano probabilmente il simbolo di una solitudine condivisa. Durante la pandemia, il telefono era l’oggetto personale che potevo toccare in sicurezza anche negli spazi pubblici, quando il contatto fisico era limitato. Probabilmente era stato così anche per altre persone e, forse, in mezzo agli strati degli smartphone di cui entravo in possesso cercavo le tracce e i segni della solitudine altrui. Tuttavia, aprendo e smontando gli strati con la spatolina, mi sono fatta male, fisicamente – il mio pollice e il mio polso erano danneggiati da questa ricerca, a causa delle resistenze degli strati, specialmente tra il vetro e il suo sostrato nero e colloso. Sembrava che il telefono volesse impedirmi di esplorare strati a me proibiti. È materia inviolata, pressoché priva di tracce umane all’interno e tra gli strati. La sua superficie esterna documenta il passaggio dei polpastrelli, e ne intrappola i movimenti. Eppure, all’interno, tra gli strati del fascicolo touchscreen, c’è un'intimità celata che resiste a qualsiasi intromissione.



Beyond the Touch-screen (2021), Touchscreen ricomposti con spille in metallo, fotografia di Marika Jasmine Grasso con iPhone.



Note:


1 Rispettivamente: “cucire”, “fondere”, “applicazione della foglia d’oro”, e “uso degli stampi in silicone”.



*Miriam Eleonora Barosco è un’antropologa culturale e curatrice museale, con un background in comunicazione, arte e cultura contemporanea. Redattrice Culturale per due quotidiani, ha inoltre seguito progetti in istituzioni museali in Sud America e a Venezia. Si trova ora in Lussemburgo, dove ha svolto un apprendistato presso My House of European History (un progetto del Parlamento Europeo). Ha recentemente iniziato un percorso professionale come Consulente Risorse Umane.


*Marika Jasmine Grasso è un’artista e dottoranda presso la Sheffield Hallam University, nel centro di ricerca Lab4Living. La sua pratica si concentra su un approccio pratico alla materialità che identifica il Tatto come uno strumento interattivo che permette di esplorare la materialità stessa. Ha partecipato a diversi progetti con il Design Lab a Kyoto (RCA), il BioDesign Challenge (Imperial College) e la residenza artistica Expanded Museum (Atene). Erotic Matter è stato esposto durante la London Design Week 2018 e Miniartextil (Como). Ha recentemente preso parte alla residenza virtuale Transient.




Per sempre indipendenti

La linea editoriale di Alea è e sarà sempre indipendente, provocatoria e indisciplinata. Il nostro budget dipende esclusivamente dalla partecipazione dei lettori e delle lettrici al progetto. Ed è solo a loro che rispondiamo. Devi sapere che il 50% dei nostri costi è interamente dedicato alla retribuzione degli autori e dell’autrici della rivista. È una cifra importante, ma siamo convinti che nel nostro piccolo sia fondamentale valorizzare il lavoro culturale e di ricerca scientifica. Inoltre, è grazie a chi ci sostiene che possiamo mantenere aperto questo spazio, rendendo sempre più accessibile Alea con contenuti e approfondimenti di qualità. Se ti piace quello che stiamo facendo, abbonati alla rivista.

Abbonati ora