Il campiello

Giulia Callino / Variazioni

14 settembre 2022


Campiello del Remer © Wikimedia Commons, 2012.



Quella domenica raggiungemmo Mariasole e le sue coinquiline per un picnic nel campiello appena sotto la loro casa – un luogo appartato, circondato su tre lati da palazzi e affacciato su un canale, situato appena dietro a Campo San Polo, ma che poteva essere raggiunto solo conoscendo la strada. Quest'ultimo aspetto dava una sensazione grande ma anche molto precisa: quella di essere abbastanza vicini a un luogo molto noto di una città da avvertirne l’aura vasta e vivace, ma, al tempo stesso, esperti a sufficienza da limitarsi a lambirlo e a viverne la quieta abitudine, come i suoi abitanti.

 

Dalla fermata del vaporetto avevamo camminato svelte, fermandoci a comprare vicino a Rialto una vaschetta di gelato che, una volta arrivate da Mariasole e trovando spalancati sia il portone di legno da basso che la porta al primo piano, avevamo riposto nel frigorifero, mentre dal salotto arrivava una musica allegra. Mariasole apparve da un’altra stanza con alcune ragazze che non avevo mai visto e ci salutò con grande affetto. Poi ci diede indicazioni e iniziammo a portare giù per le scale le stoviglie, i bicchieri, alcuni cuscini, una teglia di crespelle, mentre una delle altre ragazze controllava la cottura di alcuni voulevant nel forno. Scegliemmo di distendere i teli sul limitare del campiello, nel punto più vicino all'acqua, in una posizione da cui si poteva intravedere un enorme lampadario in vetro di Murano, appeso in una sala all'ultimo piano del palazzo oltre il canale. Il sole era caldo e annunciava l’arrivo dell’estate.


Di tanto in tanto, qualche barca sfrecciava lungo il canale e gli sconosciuti a bordo ci salutavano, lasciandosi dietro una lieve increspatura dell'acqua che, nel corso dei minuti, dondolava tra una sponda e l’altra fino a divenire un moto ondoso. Di quel giorno ricordo diverse cose poco importanti – la carta da forno sotto alla torta salata, alcuni tramezzini arrotolati con al centro un grosso ripieno di tomino, la fantasia del sottile lenzuolo a quadretti steso sulla pavimentazione irregolare, il vetro verde delle coppette per il gelato portato da me e Silvia, una certa aria fredda che si levava ogni tanto – e nulla dei nostri discorsi. So però che è lì, quella domenica, che fui colta da una sensazione improvvisa: che la città, da lì in poi, sarebbe accaduta al di là di noi. Noi l’avremmo ancora abitata e frequentata, chi per più tempo, chi ancora solo per poche settimane, ma in quel momento stava già iniziando la fine di qualcosa.

 

Fu una sensazione che non si spiegò mai più di così: la sentii e nell’istante in cui la avvertii essa divenne vera, come se averla scoperta ne avesse svelato anche il meccanismo. Di colpo, tra quelle risate fragorose, fra quelle parole, lo scambio tra noi e la città era cessato. Altri avrebbero preso i posti che noi credevamo nostri. Negli attimi dopo la nostra partenza – non dalla città, già da quello stesso campiello – l'aria avrebbe registrato la nostra assenza per non più di un minuto. Poi tutto avrebbe ripreso il suo consueto fluire. 


È un’impressione da cui non mi sono mai liberata del tutto. Qualche volta, negli anni, mi è capitato di tornare lì, sempre di proposito. Il campiello era silenzioso e ritirato, come se qualcosa ci si fosse fermato in attesa, immobile. Attraverso le finestre ho rivisto il lampadario: quel giorno, poter pranzare guardandolo mi era sembrato un onore irripetibile, ma oggi non riesco a non pensare che esso ricordi un relitto sopravvissuto a un naufragio o la testimonianza di un mondo vicino al tracollo. Tornando verso Campo San Polo, rallento il passo di un poco e alzo leggermente la testa, cercando gli scuri dei balconi. Qualche sera fa, mi è capitato per la prima volta di trovarli aperti: mentre da più lontano arrivava un vociare leggero, una luce gialla proiettava sul vetro le ombre scure di un vaso di fiori, un appendiabiti, il profilo di qualcuno. Mi sono chiesta che cosa dicessero di me, di noi.



*Giulia Callino scrive di musica per Rockit.it. Fa parte della redazione di CTRL Magazine, per il quale è inoltre fra gli autori delle raccolte di reportage narrativi Gli Ultrauomini (2019), I dimezzati (2020) e Gli estinti (2021). Ha collaborato con il magazine EverydayLife.


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