Forse però

Diego Oberti / Preludio II

03 dicembre 2021

Un uomo sta in equilibrio su una scala, deve fissare una lunga fila di viti nel soffitto lungo una lunga linea retta.

Molto lunga.

Lunga metri.

L’uomo sta in equilibrio sulla scala.

Avvita la vite più vicina, proprio sopra alla sua testa, poi con un gesto si sporge e ne avvita una seconda.

La terza é troppo lontana allora scende dalla scala, la afferra da ambo i lati, la solleva, la mette un metro più in là.

È un metro che deve imparare a conoscere bene perché quella scala dovrà spostarla ancora, anzi — uno sguardo alla lunga fila di viti — dovrà spostarla molte volte.

Risale. 

Avvita la vite più vicina, proprio sopra alla sua testa, poi con un gesto si sporge e ne avvita una seconda.

La terza é di nuovo troppo lontana, allora scende dalla scala, la afferra da ambo i lati, la solleva, la mette il metro più in là.

Apprezza chi l’ha costruita leggera quella scala, con i montanti cavi, scanalati da sottilissime pieghe che ne aumentano la solidità senza aggiungere peso.

Pensa questo mentre la risale.

Avvita la vite più vicina, proprio sopra alla sua testa, poi con un gesto si sporge e ne avvita una seconda.

La terza dapprima non la guarda, poi ci butta un occhio, giusto un secondo, ma era come pensava: troppo lontana.

Allora scende dalla scala, la afferra da ambo i lati, la solleva, la mette sempre al solito metro più in là.

Risale.

Avvita la vite più vicina, proprio sopra alla sua testa, poi con un gesto si sporge e ne avvita una seconda.

Comincia a scendere prima ancora di aver appurato la distanza della terza: troppo lontana. 

Le gambe cominciano a sussurrare, diventeranno grida, ma magari la lunga fila di viti finirà prima.

Intanto afferra la scala da ambo i lati, la solleva, la mette un metro più in là.

Non gli piace più la scala.

É diventata pesante.

La risale comunque.

Avvita la vite più vicina, proprio sopra alla sua testa, poi con un gesto si sporge e ne avvita una seconda.

Scende dalla scala, la afferra da ambo i lati, la solleva, la mette un metro più in la.

É un metro che non richiede occhi.

Risale.

Avvita la vite più vicina, proprio sopra alla sua testa, poi con un gesto si sporge e ne avvita una seconda.

Non guarda la terza, guarda oltre la terza, guarda quante ne mancano.

Nessuna.

Quella é l’ultima.

Ma é troppo lontana.

Forse però.


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